6 Ottobre 2021

INTERVISTA A GIULIO DE VESCOVI

INTERVISTA A GIULIO DE VESCOVI

Giulio De Vescovi Ulzbach: “Ho un sogno sul Teroldego, che può diventare realtà”.

Nella Piana Rotaliana c’è un viticultore innamorato delle Langhe e della Borgogna, “un custode di un passato che accarezza il domani”, porta avanti una tradizione di famiglia lunga quattrocento anni, iniziata nel lontano 1708.

E’ una calda giornata estiva, siamo io e Nicola, Giulio De Vescovi ci accoglie con un immenso sorriso nella sua meravigliosa cantina.

Quando racconta le sue giornate ci trasporta nel suo mondo di viticultore, fatto di passione per il suo mestiere e amore per la sua terra.

Con altri amici e colleghi produttori della zona sta portando avanti una sorta di “nuovo” disciplinare nella produzione del Teroldego Rotaliano, vino rosso usato da “taglio” fino a pochi anni fa ma che merita tutt’altro destino.

Iniziamo il nostro incontro parlando dell’ultimo nato in casa De Vescovi, il “Rosso Ulzbach”, un Teroldego in purezza che nasce da un vecchio cru della zona. L’idea era quella di fare un vino semplice, fruttato, fresco, escludendo i caratteri autoritari e austeri del Teroldego classico, un prodotto comunque rappresentativo del territorio in cui è prodotto.

Questo terreno è unico.

Esatto. Il torrente Noce nasce in alta Val di Peio e in Val di Sole da due torrenti, il Noce Bianco e il Noce Nero. Si uniscono in val di Sole. Nel periodo dei ghiacciai la rottura del diaframma di roccia alla Rocchetta ha fatto in modo che il ghiacciaio convergesse verso il Campo Rotaliano, sarebbe arrivato in Paganella e sarebbe finito nella Sarca. Con le sue continue alluvioni, fino alla bonifica del 1848-1852, il torrente Noce ha finito per forgiare questo territorio. Infatti nel sottosuolo, dai 30 centimetri ai tre metri, a seconda delle zone, c’è un substrato ciottoloso che fa la differenza, perché rende un terreno pianeggiante simile ad un terreno di collina.

Viticoltura di qualità uguale terreno collinare.

Non è corretto. Il terreno collinare, in maniera naturale, porta via tutta l’acqua in eccesso e di conseguenza porta via anche tutti gli elementi nutritivi in eccesso.

La vite inoltre dà il meglio di sé quando ha a disposizione minime quantità di acqua. Si applica un concetto molto semplice, anche riconducibile all’essere umano, che è lo “stress moderato”.

La vite quindi impara ad arrangiarsi, ad andare a cercarsi l’acqua, ad approfondire le radici, a utilizzare gli elementi nutritivi che ha per trovare il suo equilibrio.

Il rapporto della vite con l’acqua anche nel Campo Rotaliano è cambiato nel tempo, perché fino a quando non è stata fatta l’opera di bonifica di quella che era una pianura alluvionale. L’opera ha restituito il Campo Rotaliano alle sue caratteristiche uniche pedologiche, ma è servita anche a favorire questa relazione fra il suolo e il vitigno. La differenza si nota assaggiando qualche Teroldego di collina, tutti molto buoni, ma hanno un tannino molto più importante, mentre il Campo Rotaliano ti permette di portare a casa eleganza e finezza.

Spesso si dice che i vitigni migliori li abbiano altri storici produttori della zona, in una zona più sotto la montagna, c’è differenza di terreno oppure è solo una questione di esposizione?

Ci sono delle differenze che sarebbe bello si potessero comunicare sull’etichetta, come fanno nelle Langhe o in Borgogna. Il professor Scienza recentemente ci ha dato una serie di linee guida e consigli da seguire. L’assurdità è che non possiamo specificare nelle nostre etichette la vera zona di provenienza dei nostri vini, come per esempio “Mezzocorona”, puoi solo scrivere che De Vescovi ha sede a Mezzocorona.

Avevo provato con il “Le Fron”, volevo scrivere che è prodotto a Mezzocorona, che è il vino del mio villaggio. Purtroppo non è stato possibile farlo. Il modello francese insegna.

A questo punto Giulio De Vescovi prende in mano una cartina della Piana Rotaliana e ci mostra una peculiarità del territorio, che risale al periodo glaciale. La forma della Piana Rotaliana assomiglia, in tutto e per tutto, all’organo di riproduzione femminile.

“Questa è una zona molto fortunata, la natura dà messaggi estetici importanti – afferma Giulio De Vescovi – vanno letti e interpretati”.

Giulio è incredibile!

Quest’anno ricorre il 50esimo dalla nascita della Doc del Teroldego Rotaliano (2 febbraio 1971). Nell’evento “Incontri rotaliani” del prossimo ottobre voi festeggerete questo compleanno.

Esatto. Faremo una tavola rotonda con il professor Attilio Scienza, dove parleremo proprio di Teroldego Rotaliano, metteremo sul tavolo un po’ di tematiche per vedere se qualcuno ha voglia di coglierle per dare un indirizzo corretto a questa “terra promessa” poco valorizzata dall’uomo.

Il vino che più mi ha sorpreso? Il suo “Le Fron” 2016.

Mi sto riferendo ad un piccolo cru di Teroldego, un fazzoletto di terra dove dimorano serenamente vigne di quasi cento anni.

Il vino in assaggio mi ha letteralmente stupito per la sua incredibile eleganza, per la sua freschezza e morbidezza. Una finezza incredibile, un vino che dopo qualche minuto di bicchiere ha cominciato lentamente ad aprirsi, annusandolo mi ha portato virtualmente in Borgogna ma con una delicata struttura che ricordava un Bordeaux.

E’ stato affinato sia in ceramica che in cemento per conservare al meglio il profilo parietale del vino: si presenta con piccoli frutti rossi, spezie, violetta e con un tannino bel evoluto. Un vino ricco, intenso e dalle grandi potenzialità di invecchiamento, una continua evoluzione di meravigliosi profumi.

Un vino immenso.

Dopo aver assaggiato un’espressione così importante e unica di questo vitigno mi sorge spontanea una domanda: dove può realmente arrivare questo importante vino trentino?

Sono convinto che Giulio stia lasciando un piccolo segno della storia recente di questa denominazione, non va dimenticato ma preso come esempio.

Il suo progetto è un sogno che può diventare realtà.

In alto i calici!

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