30 Novembre 2021

Carema, Ghemme, Gattinara. Una degustazione incredibile

Carema, Ghemme, Gattinara. Una degustazione incredibile

25 novembre 2021 – Un bicchiere con l’Oste

 

 

Nell’ultima degustazione a fine ottobre avevamo affrontato due delle più importanti denominazioni della Valtellina, il Sassella e l’Inferno. 

Ne siamo usciti, in un certo senso, delusi.

Eravamo arrivati alla conclusione che i vini degustati erano troppo pronti, troppo facili da bere… insomma mancava quella parte di carattere tipico dei vini valtellinesi.

 

Ero curioso di capire se il nord del Piemonte potesse avere delle caratteristiche in comune con i vicini vini lombardi e per questo motivo, per il nuovo incontro con il Club ho quindi deciso di selezionare tre delle più importanti Doc e Docg dell’alto Piemonte per quanto riguarda il vitigno Nebbiolo: Ghemme, Gattinara e Carema.

 

La degustazione è stata suddivisa in tre distinte batterie e come sempre i vini sono degustati alla cieca.

Fin dal primo assaggio ci siamo resi conto che la differenza era sostanziale, i vini ci hanno subito piacevolmente sorpresi.

 

La serata è iniziata degustando i Carema Doc, che nascono in un piccolo fazzoletto di terra che si incontra viaggiando verso Aosta. 

Ci ha subito colpito l’intensità dei profumi, la loro complessità, la loro eleganza e finezza. 

 

Il Marun di Cellagrande era impressionante, pieno e complesso al naso, con una intrigante arancia sanguinella che la faceva da padrone. Senza dubbio è stato quello che, fra i tre proposti, ricordava di più il nebbiolo langarolo.

Fantastico.

Il Sumiè di Muraje purtroppo aveva bisogno di tempo, al naso non ha espresso quello che sicuramente avrebbe potuto raccontare di sé, e anche dopo aver aspettato un’oretta si evolveva troppo lentamente.  Si tratta di vino la cui caratteristica principale è sicuramente l’eleganza e la profondità, quindi penso vada riassaggiato con la dovuta calma.

 

Un po’ sottotono e leggermente legnoso il Riserva dei Produttori Nebbiolo Carema.

Una cosa l’ho capita, i vini della Doc Carema vanno aspettati, ci vuole pazienza.

 

Con la seconda batteria ci spostiamo nel novarese per assaggiare il Ghemme.

 

Che spettacolo, solamente annusandoli ci rendiamo conto dell’alto livello dei vini presenti nel bicchiere.

Intensità, ricchezza, frutta matura, spezie, cuoio. Vini di un’eleganza incredibile, ma allo stesso tempo di grande profondità.

Il “Costa del Salmino” di Rovellotti è il meno interessante, un vino quasi troppo pronto e con un pizzico di riduzione, anche se senza dubbio commercialmente è il più vendibile.

Il 2015 di Ioppa è una bomba: si apre lentamente e si fa aspettare come la più importante delle principesse. Si presenta equilibrato, lungo e complesso, si potrebbe dimenticare ancora qualche anno in cantina come il migliore dei nebbioli. È Una scommessa, sicuramente ne metterò da parte qualche bottiglia. 

Per me è già il vino della serata!

“Vigna Pelizzane” 2011 della Torraccia. Come sempre i vini erano degustati alla cieca e nessuno sapeva che nel bicchiere ci potesse essere un  vino con 10 anni sulle spalle. Si è presentato subito leggermente liquoroso, lentamente si è aperto dimostrando quanto nel tempo possono regalare questi vini. Colore rosso granato intenso, un’innata eleganza, un naso ricco che ricorda la liquirizia, la violetta, i frutti di bosco. Al palato ho trovato un tannino fitto ma delicato, un vino austero, morbido, asciutto e persistente. Grande, grandissima bottiglia.

 

Terza e ultima batteria, Gattinara, per cui ci spostiamo leggermente verso Vercelli.

 

Torniamo un po’ indietro, forse perché la zona del Ghemme è un po’ più fresca e consente ai  vini di avere una finezza in più. Anche con il Gattinara comunque non andiamo male, ma se nella batteria del Ghemme i vini avevano delle caratteristiche in comune nel caso del Gattinara li abbiamo trovati tutti molto  diversi.

 

Iniziamo da Petterino e dalla sua riserva 2012. Un vino strano, al naso si presenta con dei sentori da pipì di gatto tipici più del Sauvignon altoatesino che di un vino rosso lombardo e per tutta la serata mi sono chiesto da cosa potesse derivare. Pur avendolo lasciato a lungo nel bicchiere è cambiato poco e devo ammettere che è stato un vino che non siamo riusciti a capire del tutto. 

 

L’ottavo vino in batteria si presenta subito come un fuoriclasse e scopriamo poi che si tratta del Riserva di Travaglini. Un mondo di eleganza, un naso che regala profumi che ricordano i piccoli frutti, il ginepro, i fiori.  Al palato è fitto, corposo, sapido, con un tannino di una finezza incredibile e un pizzico di caffè che gli regala un tocco incredibile. 

Che vino, Travaglini è ormai sinonimo di garanzia assoluta e con questo prodotto lo dimostra una volta ancora.

Finiamo la degustazione con l’”Osso San Grato” di Antoniolo, un piccolo produttore locale.

Rispetto al precedente è più pronto e in un certo senso più scontato ma sto parlando di piccole e sottili sfumature. Un vino elegante e dall’ottimo equilibrio, forse più moderno e con un pizzico di legno di troppo, ma sempre un grandissimo vino.

 

Che dire, una meraviglia! 

 

Insomma, è stata una degustazione decisamente interessante, forse la più interessante fatta fino ad ora e ne siamo rimasti tutti entusiasti. 

Abbiamo riscoperto un territorio dove il Nebbiolo la fa da padrone e che, rispetto a quello del basso Piemonte, si distingue per essere caratterizzato da quella finezza in più che spesso fa la differenza. 

Peccato che siano vini poco conosciuti e difficili da vendere; il prezzo di questi vini è giustamente simile a quello di un Barolo medio ma troppo spesso la scelta del consumatore cade sul nome più blasonato 

L’Alto Piemonte è comunque una zona vitivinicola che ha tanto da raccontare ed ha grandi potenzialità, e in questa degustazione ha mostrato tutte le carte che potrebbe giocarsi.

 

Penso che Massimo, un membro del club, abbia sintetizzato alla perfezione quanto emerso in questa serata:

Il Barolo è per la massa.

Il Barbaresco è per i fighetti.

Il Ghemme è per gli esperti.

 

Una simpatica massima, forse un pò esagerata, ma fa capire l’alto livello dei vini degustati, lasciando per una sera il basso Piemonte che tutti noi amiamo e beviamo con piacere per arrivare  ad un alto Piemonte che è in un certo senso destinato ad una clientela “più evoluta” che pretende dal vino quel qualcosa in più tralasciando il nome di una Docg che magari potrebbe attirare di più.

 

Ovviamente con tutto il grande rispetto per i migliori produttori del basso Piemonte che, ripeto, beviamo sempre con immenso piacere e hanno fatto la storia del vino Italiano. 

Ma spesso bere Barolo è anche scegliere un vino con un nome importante, questo nulla toglie alla qualità dei vini che sono sempre di altissimo livello. Il consumatore meno preparato la maggior parte delle volte ordina anche per il brand che si nasconde dietro un’etichetta quando invece il mondo enologico offre molte valide alternative meno conosciute. 

Ogni tanto è bello anche trovare questi prodotti un pò d’elite e dare loro il valore che si meritano.

L’alto Piemonte è una zona caratterizzata da piccoli produttori, poco abili nel mettersi in luce, con dei siti internet spesso inesistenti, di alcuni vini non ho proprio trovato notizie. Sembra quasi che vogliano rimanere nascosti nel loro mondo, un mondo appunto destinato ad una piccola cerchia di affezionata clientela che li stima e li apprezza per il loro immenso valore nascosto.

 

Il vincitore? 

Il “Masun” di Cellagrande per quanto riguarda la media numerica ma posso garantire che se l’è giocata sul filo dei centesimi con altri degni avversari.

 

Per quanto mi riguarda, a parte un paio di etichette un po’ sottotono, per me hanno vinto tutti. 

Il livello dei vini bevuti era veramente alto e le differenze tra uno e l’altro giocavano più sulla soggettività del degustatore. 

Se mi obbligassero a scegliere personalmente porterei a casa il Carema di Muraje, Torraccia e Ioppa.

Sono tornato a casa con la certezza che sarà un territorio che rivaluterò con attenzione, naturalmente senza nulla togliere alla zona langarola che rimane una delle più importanti per quanto riguarda la produzione di questo importante vitigno.

 

Alla prossima degustazione!

 

In alto i calici.


Paolo

 

I vini in degustazione

 

1 – Cantina Produttori di Carema – Carema Doc Riserva 2017

2– Muraje – Sumiè Carema Doc 2018

3– Cellagrande – Carema doc Masun 2017

4– Rovellotti – Ghemma Docg Riserva Costa del Salmino 2015 

5 – Ioppa – Ghemme Docg 2015

6 – Torraccia – Ghemme Docg Vigna Pilizzane 2011

7 – Petterino – Gattinara Docg Riserva 2012

8 – Antoniolo – Gattinara Docg Riserva Osso San Grato 2015

9 – Travaglini – Gattinara Docg Riserva 2016

 

 Il podio finale

 

1 – Cellagrande – Carema doc Masun 2017

2 – Torraccia – Ghemme Docg Vigna Pilizzane 2011

3 – Travaglini – Gattinara Docg Riserva 2016

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