17 Novembre 2023

L’intervista – Il Borgo del Balsamico

L’intervista – Il Borgo del Balsamico

 Sono stato ad Albinea ad intervistare un piccolo produttore di Aceto Balsamico, lo stesso prodotto che quotidianamente trovi sui tavoli dell’Osteria. Ho voluto intervistarlo per carpire ogni segreto di un mondo a tutti noi decisamente sconosciuto ma ricco di storia e curoisità.

 

Oste: Giovanni, ci racconti com’è nato il Borgo del Balsamico?

Giovanni: È nato da una passione di mio suocero. Partiamo dal presupposto che il Balsamico si fa solo nelle province di Reggio Emilia e Modena, dunque in un’area relativamente contenuta. Sembra che l’origine risalga al 1046, all’interno del bellissimo Castello di Canossa.

Il re di Germania, di passaggio per Roma dove era diretto per farsi incoronare, seppe che l’allora signore del luogo Bonifacio di Canossa (papà di Matilde) produceva un aceto perfettissimo che volle a tutti i costi provare. Bonifacio gli fece preparare una botte d’argento piena di quello che già allora forse era balsamico.

Perché Balsamico? Perché era una medicina che si utilizzava per la gola, per il raffreddore, per lo stomaco.

Era anche un incredibile digestivo.

Il balsamico inoltre è sempre stato inserito nei lasciti testamentari, così come i campi, gli animali ecc. a dimostrazione della sua preziosità.

Molte famiglie ancora lo producono in casa ed è per questo, in realtà, che la maggior parte dei produttori non sono le industrie ma le famiglie stesse.

Così è stato per noi, con la differenza che mio suocero non aveva un’acetaia di famiglia e quindi negli anni ’70 iniziò ad acquistare delle batterie già iniziate da famiglie conosciute che già lo producevano. Lui nella sua vita professionale faceva tutt’altro, il balsamico serviva per la famiglia, per gli amici.

Il Balsamico nasce quindi nelle province di Modena e Reggio Emilia. Al di fuori di questa zona non si produce e, non solo, non si produce nemmeno all’interno delle altre aree regionali.

È incredibile, no? Mentre il Grana Padano copre molte più province, il Balsamico è circoscritto solamente a due. Se tu vai a Parma, a pochi chilometri da qui, allevano maiali ma di aceto non ne vogliono sapere. È una cosa per me inspiegabile.

Nel consorzio del Balsamico Tradizionale di Reggio sono iscritti 75 produttori, di cui 50 non lo fanno per business bensì per passione. Spesso sono imprenditori che vogliono essere iscritti per il piacere di esserlo e che decidono di sottostare al rigido regolamento per avere un prodotto quantomeno certificato.

 

O: Ora mi metto il cappello dell’ignorante e ti chiedo la differenza tra Aceto Balsamico e Aceto Tradizionale.

G: Per essere precisi dobbiamo parlare di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop, oppure di Modena. I consorzi sono due, uno a Reggio, appunto, e uno a Modena.

Come ben sai la DOP certifica il collegamento tra il prodotto e il territorio, nel nostro caso, Reggio. Sia la coltivazione dell’uva necessaria alla produzione che tutta la lavorazione devono avvenire in provincia. L’uva utilizzata è la stessa, la tipologia di botti anche, e pure il metodo di produzione.

La differenza tra noi e i modenesi è che il nostro consorzio riconosce tre invecchiamenti: bollino aragosta, argento e oro. Ogni bollino corrisponde ad un’età minima garantita dal consorzio e non dal produttore. I modenesi invece hanno solo i 12 e i 25 anni, senza la via di mezzo dei 15 anni.

 

O: Però tendenzialmente il cliente chiede quello di Modena, perché è il più conosciuto!

G: Ci sono due consorzi che sono sostanzialmente gemelli.

Il loro scopo è quello di garantire la qualità finale del prodotto, nel momento in cui tu acquisti un Tradizionale.

La differenza sostanziale è che a Modena ci sono più produttori e quindi se ne produce di più. Parliamo di circa 30.000 litri all’anno tra le due province, con circa 300.000 bottiglie all’anno, e mi sto riferendo al Tradizionale, dunque nulla a che vedere con l’aceto balsamico.

Le bottiglie dei due consorzi sono diverse, ogni produttore deve utilizzarne una delle due a seconda delle provincia di residenza e per capire chi lo ha prodotto devi leggere sull’etichetta.

La provincia di Reggio fa circa l’1% del fatturato totale, tra tradizionale e balsamico, quindi una nicchia molto piccola.

Considera che l’invecchiamento minimo del Tradizionale è di 12 anni. Significa che nel momento in cui inizi a produrlo ci vorranno 12 anni prima di iniziare a venderlo. Immagina con i più invecchiati!

È impensabile iniziare oggi un’attività di questo tipo a meno che tu non abbia molto capitale da investire. Parliamo di 12 anni di attesa, praticamente mezza generazione.

Questo significa che nessuna industria potrebbe pensare di far uscire un prodotto dopo così tanto tempo, perché le aziende puntano a capitalizzare velocemente.

Quindi nel momento in cui si è capito che il tradizionale non era perfetto per vendere subito ai clienti si è spinto molto su un’altra tipologia di prodotto, per poter così arrivare nelle case di tutti, facendolo conoscere.

La gente vuole il Balsamico!

E così è  nato l’Aceto Balsamico di Modena.

Aceto Balsamico (non Tradizionale DOP) è un nome che tutti conosciamo, un prodotto voluto dall’industria e, in seguito, anche dai piccoli produttori. I primi ideatori erano di Modena, da cui appunto deriva il nome “Aceto balsamico di Modena”, rendendolo il più conosciuto.

Chi lo ha voluto ha genialmente legato per sempre il nome “Balsamico” alla città di Modena.

Anche noi ci siamo adeguati creando un nuovo prodotto, un prodotto artigianale ma il cui nome ricorda quello creato dalle industrie, “Aceto Balsamico”!

Hanno creato una certificazione diversa, non più DOP ma IGP. Tra le due c’è una differenza infinita ma purtroppo il nome è molto simile, per la gente che sia IGP o DOP significa sempre “balsamico”.

 

O: C’è una soluzione a questo groviglio?

G: L’unica soluzione sarebbe quella di togliere la parola Aceto! Sono due prodotti completamente diversi in più non tradizionale non c’è aceto ma solo mosto cotto.

Dovevamo riuscire a fare un aceto balsamico che fosse per tutti, di ottima qualità ma non come quella del Tradizionale, anche perché di DOP ce n’è talmente poco che non soddisferebbe mai le esigenze di tutti.

I supermercati sono invasi di Aceto Balsamico di Modena IGP. La vera tutela del cliente è che con il Tradizionale DOP hai la garanzia assoluta di qualità dettata dal Consorzio, che sia Emilia o Reggio.

Nella giungla dell’IGP invece è più difficile capire cosa stiamo acquistando. Sono tutti a base di mosto cotto e aceto di vino, lo sono da certificazione, ma la prima cosa da controllare è che non contenga il caramello o il colorante.

Ricordati che sia la IGP che la DOP non prevedono che in etichetta sia scritto l’anno di invecchiamento, questo avviene solo nel Tradizionale, appunto DOP, tramite il colore di bollini. Se ricordi ti ho spiegato che ogni colore indica il numero degli anni di invecchiamento.

Però su quello di Modena IGP potrai trovare una sorta di indicazione che stabilisce l’invecchiamento del Balsamico, “affinato” e “extra vecchio”, senza però indicare gli anni.

Perché? La gente vuole sapere che è invecchiato!

“Invecchiato” significa che deve avere almeno tre anni di invecchiamento, altrimenti sono solo 60 giorni.

Quando sei davanti allo scaffale del supermercato, e all’infinità di prodotti che oggi puoi trovare, potrai aiutarti nella scelta acquistando un prodotto invecchiato, senza caramello e senza coloranti.

 La certificazione IGP prevede che tu possa prendere il mosto da qualsiasi parte d’Italia assemblandolo poi all’interno delle nostre due province. Le grandi industrie hanno la sede al di fuori delle nostre province ma hanno sempre un’unità di produzione qui in zona. Le industrie hanno messo tutte la sede a Modena perché a Reggio siamo praticamente tutti artigianali.

O: È una figata!

G: Praticamente qui a Reggio le aziende di grandi dimensioni non esistono.

Ricapitoliamo. L’aceto Tradizionale ha due consorzi, uno a Modena e uno a Reggio. I prodotti sono praticamente uguali.

L’aceto Balsamico di Modena IGP si produce in entrambe le province ma, anche se prodotto a Reggio, si chiama sempre “di Modena”.

Questo risponde alla eventuale domanda legata al fatto che sullo scaffale del supermercato si trova solo Balsamico di Modena IGP e non esiste quello di Reggio.

 

O: Torniamo al nostro meraviglioso Tradizionale DOP. Quali uve si possono utilizzare?

G: Da disciplinare le uve indicate sono il Lambrusco e il Trebbiano. Ricordiamo che la DOP indica il territorio quindi si usano solo uve locali.

Fra i legni che noi possiamo utilizzare ce ne sono 7. L’ulivo non fa parte di questi sette perché qui non esiste. La quercia è il più importante, poi ci sono il rovere, il ciliegio e il gelso anche se da noi ormai non si trova più.

Nell’IGP puoi aggiungere caramello fino al 3%. Se tu chiedi ai tuoi clienti quale debba essere la principale caratteristica del Balsamico la risposta che ricevi è “la dolcezza”.

Una delle altre caratteristiche sono la densità e il colore scuro. Se non è scuro il cliente ti dice che non è balsamico. Se ci fai caso, la prima cosa che fai quando prendi in mano una bottiglietta di Balsamico è quello di scuoterla per vedere la densità del prodotto.

Al contrario se tu pensi all’aceto di vino pensi all’acidità.

Questa è la grande differenza da Tradizionale DOP e Balsamico di Modena IGP. La densità nel primo è dovuta all’invecchiamento, nel secondo al caramello.

In 60 giorni un prodotto non potrà mai essere denso, si deve cuocere il caramello per ottenere l’effetto voluto.

Quindi al supermercato spesso la scelta viene fatta per la densità del prodotto, deducendo che più è denso più sarà buono. Non parliamo poi delle glasse! Ne vendono milioni di ettolitri.

Il vero problema è che su ogni tipologia di prodotto trovi la scritta “Aceto Balsamico”.

Ma torniamo alla base del Tradizionale DOP. Si prendono le uve dalle quali si ottiene il mosto, lo stesso che si usa per il vino. Si fa subito una prima cottura a fuoco lento, in contenitori aperti perché si deve disperdere l’umidità. In questa fase non facciamo altro che togliere l’acqua, e il prodotto si riduce almeno del 50%.

Al contrario del produttore di vino che agisce sul mosto fresco noi lo facciamo dopo avergli fatto fare una prima cottura.

A questo punto poi innesco le due fermentazioni. La prima è quella alcolica che trasforma lo zucchero in alcol. La seconda è quella che trasforma l’alcol in acidità. La seconda più che una fermentazione è una ossidazione. Per questo il Balsamico non è alcolico e può essere utilizzato anche dai bambini.

 

 

O: C’è stato un cambiamento culturale nel corso del tempo nei confronti di questo prodotto?

G: Vorrei dirti di sì ma sono cambiamenti molto lievi. Siamo abitudinari di natura e spesso tendiamo ad acquistare sempre le stesse cose, che sia un olio o un balsamico. Difficilmente cambiamo.

 

O: Quindi il Tradizionale a chi è rivolto?

G: Ha un prezzo superiore al Balsamico ma se pensi all’intensità del prodotto e alla sua durata nel tempo alla fine non è poi così costoso. Quando devi condire un piatto ne devi mettere solo poche gocce. Magari costa 50 euro ma ti dura mesi. Una bottiglia di vino da 50 euro invece te la bevi in una serata! Conviene sempre una bottiglia di Tradizionale DOP!

 

O: Quali sono gli abbinamenti più azzardati che puoi fare con un Tradizionale?

G: Una volta ho sfidato uno chef siciliano e suoi preziosi gamberi crudi. Erano la sua identità. Inizialmente mi ha guardato decisamente male ma poi ha capito, assaggiandolo, che era un bellissimo accostamento di sapori.

Lo puoi abbinare a moltissimi cibi, devi solo imparare a dosarne la quantità.

Sulla pasta, sui tortelli alla zucca, su salumi come la mortadella o il culatello.

È un prodotto incredibile che si presta a numerose declinazioni e sperimentazioni.

 

O: Concludiamo, Reggio o Modena?

G: Per quanto riguarda il tradizionale sai che il consorzio ne garantisce l’assoluta qualità. La differenza sostanziale è che a Reggio siamo meno e non esiste l’industria. Sicuramente a Reggio ci sono più artigiani, che esistono anche a Modena per carità, ma in quel caso il mercato per la maggior parte è fatto dall’industria.

 

Mercoledì 15 novembre in Osteria Giovanni ci ha raccontato di persona ogni dettaglio di questo incredibile mondo, abbinando i suoi prodotti ai piatti creati da Chef Marra, cuoco del Pettirosso. Una serata piacevole ricca di cultura, profumi e sapori davvero decisi e interessanti.

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